Archivi per la categoria ‘Varie’
Giocando con nebulose, filtri e colori
L’estate è la stagione delle grandi nebulose ad emissione, e proprio queste ultime si prestano bene ad essere “immortalate” in banda stretta con vari filtri che “selezionano” le emissioni dei vari elementi presenti al loro interno. Le immagini così raccolte possono essere elaborate con colori alternativi, le cosiddette “palette”.

La più famosa fra le palette “narrowband” è senza dubbio la Hubble Palette, nota anche come SHO. Quest’ultima nomenclatura ci consente di capire un po’ di più come funziona: in pratica, le emissioni dello zolfo ionizzato (SII) vengono associate al canale rosso dell’immagine finale, le emissioni dell’idrogeno alfa (Ha) al canale verde e le emissioni dell’ossigeno due volte ionizzato (OIII) al canale blu. Ovviamente, per questo tipo di riprese è necessario munirsi di una camera monocromatica e dei relativi filtri, meglio se installati all’interno di una ruota portafiltri automatica che consente di cambiarli in pochi istanti.

Per chi invece possiede camere a colori, sia reflex (DSLR) sia CMOS raffreddate, sono disponibili alcuni filtri multi-banda passante, che consentono di riprendere in un sol colpo diverse linee di emissione delle nebulose a emissione. Il più celebre (e costoso) fra questi filtri è senza dubbio il Triad Ultra 4-bandpass, che costa quanto un buon quadrupletto da 80mm. A prezzi più abbordabili però c’è una valida alternativa: il filtro Optolong L-eNhance. Questo filtro, fra l’altro, ha la particolarità di lasciar passare assieme le emissioni dell’OIII e dell Hbeta. Ciò si traduce in un segnale blu molto forte anche se non proprio fedelissimo alla realtà, in quanto le due emissioni di “mescolano” facendo perdere un po’ di rigore scientifico alle nostre immagini.

Come risulta evidente, il filtro non lascia passare l’SII: in effetti, nessuna camera a colori potrebbe separarlo dall’Ha, in quanto entrambe le linee ricadono sui pixel rossi della matrice di Bayer. Pertanto una elaborazione fedele in HSO non risulta possibile con questo filtro.
Dato il grande impatto visivo delle immagini elaborate con la Hubble Palette, qualcuno ha comunque deciso di provarci, e creare un procedimento per ottenere un risultato molto simile anche non disponendo del canale SII. Il risultato non è particolarmente rigoroso dal punto di vista scientifico, ma senz’altro è molto appagante.
Si parte da una immagine RGB ottenuta attraverso il filtro L-eNhance. L’integrazione dovrà essere sufficientemente lunga, perchè alcune “parti” dell’immagine andranno stretchate pesantemente come vedremo più avanti.

Dovremo quindi suddividere l’immagine di partenza nei tre canali R, G e B. Per comodità, il canale R lo chiameremo SII, il canale G lo chiameremo Ha ed il canale blu lo chiameremo OIII.
I canali credo sia meglio elaborarli separatamente, seguendo il solito procedimento delle immagini a colori: la rimozione di eventuali gradienti, un bell’intervento di riduzione del rumore, magari un po’ di deconvoluzione per ovviare ai problemi del nostro treno ottico e del seeing, e così via. Alla fine siamo pronti per fondere le nostre immagini monocromatiche in un’immagine a colori. Fondamentale a questo punto è stretchare le immagini in modo da evidenziare le colorazioni che risulterebbero molto tenui, in particolare il blu. Pertanto il canale OIII, che assoceremo al blu, dovrà essere stretchato maggiormente rispetto al canale SII, che assoceremo al rosso. E’ importantissimo però non esagerare: la maggior parte delle nebulose infatti ha tenui emissioni di OIII molto circoscritte, e quindi questo canale sarà significativamente più rumoroso dell’SII (ecco perchè servono integrazioni abbastanza lunghe come dicevo all’inizio). Questa rumorosità verrà a galla se si stirano troppo le curve, e l’immagine finale ne risentirà.

Utilissimo, in questa fase, il tool aggiuntivo StarNet++, che permette di eliminare completamente le stelle dalle immagini non lineari così da non doverci preoccupare di aloni o zone sature.

Per “sommare” i tre canali possiamo usare il tool PixelMath. Le equazioni che inseriremo saranno: R=SII; G=0.8*Ha+0.2*SII, B=OIII.
Dovremo fare diverse prove prima di ottenere un risultato bilanciato, magari utilizzando varie maschere per modificare parti specifiche dei vari canali.

Alla fine otterremo la nostra immagine in falsi colori. Bene ma non benissimo, infatti dovremo ancora correggerli un po’ a seconda del nostro gusto personale. Per questo Pixinsight ha varie possibilità, ma a mio avviso è molto più semplice farlo con Photoshop utilizzando lo strumento di correzione colore selettiva, e magari ritoccare anche luminosità e contrasto.
Come ultimo passaggio potremo reinserire le nostre stelle (se le abbiamo rimosse) utilizzando ancora Pixelmath: semplicemente dovremo scrivere il nome della nostra immagine senza stelle, il segno +, e il nome dell’immagine contenente solo le stelle. Es: “Immgine_finale+stelle_RGB”.
Il risultato è di grande impatto, non c’è che dire. Soprattutto se paragonato all’immagine di partenza, che in confronto sembra assai slavata e piatta.


Se volete vedere le immagini di un maestro in questa tecnica, vi consiglio di visitare il sito AstroAnarchy del finlandese J.P. Metsavainio. Le sue immagini lasciano letteralmente a bocca aperta.
Maggio 2020, Cielo del Mese
Carte del Cielo
Orizzonti -> NORD – EST – SUD – OVEST <- e -> ZENIT <-
Luna
Plenilunio il 7, Novilunio il 22
Pianeti
Mercurio: Inosservabile a inizio mese per via della congiunzione con il Sole del giorno 4, a fine mese, il 31, si verifica la miglior condizione, dell’anno in corso, per la sua osservazione serale, arrivando a tramontare 1 ora e 54 minuti dopo il Sole.
Venere: Ancora osservabile ad inizio mese, dove tramonta circa 3 ore dopo il Sole, a occidente, vede ridursi velocemente il suo periodo fino ad diventare inosservabile per via della sua congiunzione con il Sole nei primi giorni di Giugno.
Marte: Osservabile nelle ultime ore della notte, a SE, prima del sorgere del Sole.
Giove: Osservabile nel corso della seconda parte della notte, basso sull’orizzonte a SE, in coppia con Saturno, prossimo alla culminazione a S quando il cielo è già chiaro per le luci dell’alba.
Saturno: Condizioni di visibilità pressoché simili a quelle di Giove.
Urano: A causa della congiunzione con il Sole avvenuta negli ultimi giorni del mese scorso rimane inosservabile per quasi tutto il mese.
Nettuno: Basso sull’orizzonte ESE poco prima del sorgere del Sole, segue il gruppo dei pianeti del mattino (Giove, Saturno, Marte), sorgendo dopo Marte (Non osservabile ad occhio nudo, serve un telescopio).
Plutone: Osservabile nella seconda parte della notte, sorge poco prima di Giove, da SE, culmina poco prima del sorgere del Sole (Non osservabile ad occhio nudo, serve un buon telescopio).
Eventi:
Luna – Giove – Saturno: Prima dell’alba, nelle notti del 12 e 13 maggio, avremo la congiunzione del due pianeti con il nostro satellite: (vedi mappe)
12 Maggio e 13 Maggio
Luna – Marte: All’alba del 15 Maggio sarà la volta di Marte (vedi mappa).
Venere – Mercurio: Il 22 Maggio possiamo vedere Venere e Mercurio che tramontano insieme (vedi mappa).
Luna – Venere – Mercurio: Il 24 Maggio la Luna raggiunge i pianeti interni, accompagnandoli nel tramonto con un bellissimo falcetto (vedi mappa).
Cieli Sereni !
Fonti: Commissione divulgazione UAI – Unione Astrofili Italiani
Lo stack di sessioni multiple su Deep Sky Stacker
Avendo la sfortuna di fotografare da una posizione che offre una finestra di cielo abbastanza limitata, fin dai miei primissimi tentativi di fotografia astronomica ho dovuto “razionalizzare” il tempo utile durante le nottate serene, facendo più soggetti a seconda della loro visibilità. Il segnale raccolto in questo modo, tuttavia, non è sufficiente per ottenere un’ immagine accettabile, e così quasi sempre devo tornare sullo stesso soggetto in più nottate. Questo vuol dire avere un gran numero di frames da gestire tra light, dark e flats. Per metterli insieme utilizzo Deep Sky Stacker, che su questo però è poco user friendly. Raccogliendo informazioni qua e la, soprattutto da oltreoceano, sono arrivato a capirne un pochino di più.
I GRUPPI: In basso nella schermata principale di Deep Sky Stacker sono presenti delle “schede” che possono contenere ognuna una sessione di astrofotografia. All’apertura del programma appare solo la scheda “gruppo principale“, ma quando andiamo ad inserire anche solo un frame in questa cartella, automaticamente si creerà la scheda “gruppo 1“. Inserendo qualcosa in quest’ultimo avremo accesso alla scheda “gruppo 2” e così via. La filosofia di DSS con questi gruppi è la seguente:
- Ciò che viene inserito nel Gruppo Principale ha effetti sugli altri gruppi
- Ciò che viene inserito nei gruppi successivi ha effetto solo sul gruppo in cui viene inserito

All’inizio mi era sembrato strano questo modus operandi, ma pensandoci bene in realtà è molto comodo:
Immaginiamo infatti di poter lasciare la strumentazione montata per più di una sera: potremo fare i flat frames un’unica volta ed utilizzarli per tutte le nostre sessioni. Allora questi flat frames dovranno essere inseriti nel Gruppo Principale.
Altro esempio: chi ha la fortuna di possedere una camera raffreddata, può crearsi delle librerie di dark, catalogandole per temperatura di raffreddamento e durata dell’esposizione. Anche in questo caso, se abbiamo effettuato più serate con gli stessi parametri, potremo caricare i dark solo nel gruppo principale, e automaticamente tutti i gruppi verranno calibrati con quelli.
Di tutto questo ne abbiamo conferma dalla finestra “Procedure di combinazione” che si apre subito prima di lanciare l’allineamento delle nostre foto: Se proviamo a inserire, per esempio, 19 flats nel gruppo principale, e nei successivi gruppi inseriamo solo light e dark, dalla finestra in questione vedremo che DSS calibrerà tutti i gruppi anche con 19 flat.

Questo bypassa anche un piccolo ma tosto problema di DSS: se in gruppi diversi sono presenti frames con nomi uguali, questi non verranno combinati. Quindi se inserissimo gli stessi flat in più gruppi questi verrebbero usati solo una volta. E’ importante ricordarsi che tale limite è presente anche per i light: se la nostra DSLR ci fornisce una numerazione progressiva che si azzera ogni volta che scarichiamo le foto, sicuramente avremo frames con nomi uguali durante le varie sessioni: ricordiamoci di rinominarli! Altrimenti alla fine della procedura il numero di frames combinati non ci tornerà con il numero di frames caricati in DSS.
Come fare quindi per fare lo stack di sessioni multiple con DSS? Qua di seguito metto il procedimento che uso io.
- Cerco il light che più mi piace quanto a posizionamento dell’oggetto, e lo inserisco nel gruppo principale. Questo servirà da riferimento per l’allineamento, in altre parole tutti i successivi frames verranno “impilati” sopra a questo.
- Se ho fatto i flats una sola volta, inserisco anche questi nel gruppo principale.
- Inserisco i light e i dark delle varie sessioni nei gruppi successivi (un gruppo per sessione) avendo cura di non reinserire il file che ho usato come riferimento nel gruppo principale. (Questo solo per aver corrispondenza fra il numero dei frames caricati e quelli combinati. Infatti, se non volendo inserissimo due volte un frame con lo stesso nome, questo ci apparirebbe nel conteggio generando confusione, ma non verrebbe comunque combinato due volte).
- Controllo che i numeri tornino dalla finestra “procedura di combinazione”
- Lancio l’allineamento
- Controllo che il numero di frames elaborati (visibile in alto sopra l’immagine combinata) coincida con quello dei frames caricati.
Questo è quanto, spero di essere stato utile a chi ci andrà a sbattere la testa contro.
Cieli sereni
Leonardo
Restiamo a casa…e rivolgiamoci alle stelle
O almeno, a me è successo così. Erano anni che avevo abbandonato la passione per l’astronomia, ma in questo periodo di forzato ritiro ho potuto realizzare quello che mi frullava nella testa da un po’: rispolverare l’attrezzatura, rimasta ferma da più di 10 anni, e dedicarmi di nuovo a questa meravigliosa passione. E così, per merito anche di mia moglie che è incline a assecondare tutti i miei capricci, ci siamo messi di buona lena a pulire ottiche e sostituire condensatori (ebbene si, il mio telescopio, un LX200 da 10 pollici, era di quelli che “prendevano fuoco” a causa di condensatori al tantalio che mal reggevano i 18v di alimentazione). Ci è voluto un po’ di tempo per mettere a punto tutto, la tecnologia in 10 anni ha fatto passi da gigante ma alla fine, tra prove e “paroline magiche”, ora tutto funziona. Rimane il problema che l’LX200 in configurazione equatoriale è un pachiderma da un quintale, un po’ sprecato come supporto per un APO da 80 mm che uso per l’astrofotografia; però per il momento questo c’ho e questo uso. La montatura a forcella non eccelle in nulla ma fa bene il suo lavoro, se si è disposti a fare un po’ i contorsionisti per cercare di guardare nell’oculare durante l’allineamento. Quello che impressiona, se si considera che si tratta di un progetto del 1993, è la precisione di puntamento e le funzioni, che sostanzialmente sono identiche a quelle di montature progettate 25 anni dopo.

Qua sotto vi mostro i miei primi tentativi di fotografia digitale. Non siate troppo severi, con photoshop sono un asino. Per ora so solo regolare il livello del nero e stretchare le curve.


Canon 450D su Meade LX200 10″ ridotto a f/6.3. Filtro Svbony CLS.

Canon 450D su Astroprofessional ED80. Filtro Optolong L-Pro.
Ad maiora
Leonardo Landi
Cometa C2019/Y4 ATLAS
Come promesso le immagini di 1h 36 min di acquisizione di ierisera. Ho realizzato anche un timelapse ma il file.avi non è supportato (*)
Ogni frame da 120 sec è stato calibrato (bias e dark) ma la camera ASI120MM-S non è raffreddata e ieri sera la T= 16°!
Sono 12 LRGB da 120 sec. , FOV 0,36° x 0,27°
(*) chi fosse interessato al timelapse è postato sulla pagina FB